Teatro

Un clavicembalo antico torna a far sentire la sua voce

Un clavicembalo antico torna a far sentire la sua voce

Sotto l'insegna della festa "Restituire bellezza", rivive a Treviso la voce di un antico strumento sei-settecentesco conservato nelle collezioni museali civiche, recentemente restaurato su iniziativa dell'associazione Antiqua Vox e del Comune di Treviso.

Sino a qualche decennio fa, uno strumento antico era un oggetto da esibire e basta. Ed era già molto se gli si dava modo di inserirsi, quando fosse dotato di una certa bellezza esteriore, un ambiente museale dove poterlo ammirare. Oggi per fortuna non è più solo così dato che, ove se ne creano le condizioni, si cerca,di ridargli anche voce e quindi nuova vita. Il merito è soprattutto dell'interesse, maturato a partire dagli Anni Sessanta del secolo scorso, verso esecuzioni sempre più frequenti (e sempre più con spirito filologico) del repertorio musicale antico, e verso l'utilizzo di strumenti antichi.

Uno strumento ritrovato in museo

E' il caso di un splendido clavicembalo proveniente dalla collezione di oggetti d'arte lasciata in eredità da Bruno Lattes – unitamente alla sua splendida villa settecentesca di Istrana – al Comune di Treviso una sessantina d'anni fa, ed attualmente in parte visibile nei Musei Civici. Tre anni fa, il maestro Andrea Marcon – notissimo concertista, oltre che docente a Salisburgo e Basilea - e l'associazione musicale Antiqua Vox, assai attiva in campo concertistico ed organistico in particolare, si sono interessati del suo destino promuovendone il restauro; ed hanno trovato, per fortuna, piena adesione e supporto economico anche nell'Assessorato alla Cultura e nella Direzione del Musei Civici di Treviso. Oltre due anni è durato il lavoro di accurato studio e di preciso ripristino dello strumento vero e proprio, posto nelle mani sapienti del costruttore e restauratore bolognese Graziano Bandini, e condotto sotto il controllo di un'autorevole commissione presieduta da massimi esperti quali Luigi Ferdinando Tagliavini, Liuwe Tamminga e lo stesso Marcon; e rilevante anche l'impegno per il risanamento del mobile che lo contiene, preziosamente dipinto a festoni e scene mitologiche, affidato al Laboratorio Nuova Alleanza ed al prof. Giuseppe Dinetto.

Scoperto l'autore

Tanto impegno collettivo è stato premiato dall'entusiasmante risultato finale, che non solo ha permesso di attribuire lo strumento alla bottega di Matteo di Gand, primario cembalaro fiammingo attivo a Roma tra fine '600 ed inizi '700, ma ne ha anche risuscitato tutta l'efficienza, insieme alla grande bellezza sonora e timbrica. Il clavicembalo trevigiano presenta tra l'altro oltre ai due consueti registri un terzo, denominato tiorbino, dal suono delicato e particolare poiché utilizza corde di minugia, come nella tiorba da cui prende nome. Caratteristica alquanto insolita, presente peraltro in un esemplare coevo dell'imolese Padre Giuseppe Mondini – costruttore rivale del di Gand nell'Urbe - conservato oggi ad Amburgo.

Una festa intitolata  "Restituire bellezza"

Il ritorno a Treviso del clavicembalo è stato festeggiato sabato 11 marzo con una giornata tutta a lui dedicata negli antichi spazi della Chiesa di Santa Caterina, facente parte dei Musei Civici Trevigiani: prima con una kermesse di esecuzioni offerte da giovani esecutori provenienti dalla Schola Cantorum Basiliensis (Giovanni Calò, Alberto Chiari, Giulio De Nardo, Riccardo Morini), che si sono avvicendati sulla sua tastiera; poi con un intervento del restauratore Graziano Bandini che ha illustrato ad un pubblico di appassionati il lungo e problematico intervento effettuato sullo strumento. Ed infine con un grande concerto serale, che ha visto Andrea Marcon - appena rientrato da New York dove con la sua Venice Baroque Orchestra ha diretto la vivaldiana Juditha Triumphans nella sala grande della Carnegie Hall - sedere alla tastiera dello strumento, mettendo in mostra tutta la sua competenza e la profonda conoscenza del repertorio barocco. Attorno a lui, un piccolo e duttile ensamble formato dalla violinista Anaîs Chen, dal cornettista Andrea Inghisciano, dal violoncellista Massimo Raccanelli, ed in alcuni brani vocali dal soprano Alice Borciani. In programma musiche di vari autori che andavano dal '500 di Adrian Willaert al '700 inoltrato di Giuseppe Tartini, eseguite con raffinatezza e sobria eleganza di fronte ad una sala gremita di spettatori.

Fuori programma uno scherzo di Monteverdi, l'aria Sì dolce è'l tormento, che ha visto Massimo Raccanelli abbracciare un altro strumento della Collezione Lattes, un violoncello seicentesco di liutaio ignoto – ma riconducibile forse all'entourage di Gasparo da Salò - dal suono pieno, profondo ed avvolgente. Altro restauro in vista, ci auguriamo.